martedì 18 agosto 2009

Too heavy packaging for this body




















E' inverno ora da queste parti. E' Agosto, il mese più freddo dell'anno. Ma qui non è il polo sud. Eppure non si sta immobili.
Il problema maggiore è il sonno, ipertrofico: è sempre stato un antidoto alla vita.
Di conseguenza, ogni respiro è frammentato in mille schegge che vivono della loro singolarità e momentaneità, mancando un disegno d'insieme.
Vivere per davvero è una questione d'equilibri, se non spesso d'astuzia e mercanteggiamento.
T'impegni tanto a costruire le mura della tua casa, quando poi finisici per accorgerti che le colonne che sembrano così salde non se vanno altrove solo perché al momento non gli conviene. E magari scoprire poi che anche noi dentro agiamo secondo questo do ut des, e ce ne vergognamo e cerchiamo di estirparlo trasformandoci di conseguenza in perdenti cronici. Non c'è via di scampo dal mercato, e non abbiamo alternative al cercare di sfuggire dal mercato. Per questo si vive così, lacerati e pazzi, schizofrenici.

Dovremmo cercare di assorbire più letteratura possibile da piccoli, perché si ha il tempo e la verginità necessaria a rifletterla, elaborarla e criticarla in modo tale che ci arrichisca di idee veramente nostre.
Superata una certa soglia ci si indurisce, e se vogliamo arricchirci iniziando questo processo non riusciamo ad essere più che degli stupidi pappagalli.

Fatto salvo che l'empatia dovrebbe regolare la base prima di ogni rapporto umano, tanto più la cosa vale quando si lavora e meglio ancora si crea insieme a qualcuno. Mettere in fila quattro parole e note ed intrecciarle al fine di creare una trama che risulti bella, per esempio , non è una semplice operazione di composizione e riproduzione meccanica, come vorrebbero indurci a pensare plasmando a martellate la nostra forma mentis.
Occorre ascolto, comprensione, scambio, interiorizzazione, riconoscimento, identificazione.
Poiché la comunicazione e lo scambio sono qualcosa di estremamente difficile, ammesso che sia possibile un vero scambio (e suppongo di no, perché questo implicherebbe non essere più noi, ma un altro, e questo è impossibile), serve pazienza e spesso sforzo. Sentiremmo meno la fatica incontrando anime che percepiamo come affini, questo per la gioia di sentirci meno soli.
E' l'unica attività che può davvero lasciarci qualcosa di valore.
E' la differenza tra una produzione di serie ed il lavoro di cesello, artigianale.
E' qualcosa che è già pesantemente inficiato quando le persone con cui lavori sono semplici tecnici che stanno lì solo perché li paghi. Di te non gliene frega un cazzo.
Al momento sto comunicando e creando. Pezzi che non sono miei concepimenti ma che sento. L'impegno è il lavoro di osmosi, la soddisfazione la ricerca della bellezza come affermazione della propria esistenza. Siamo qui, siamo questo, potete anche massacrarci, ma abbiamo la dignità e i coglioni di suonarvelo forte in faccia.

Ogni giudizio critico di conseguenza non dovrebbe prescindere da un minimo d'empatia e sforzo di conoscenza e comprensione. Il resto è ciarpame, o ancora commercio o parole sprecate.
Chi non se la sente di intraprendere questo sforzo, che impilca fruire molte meno cose ma bene, dovrebbe rinunciare a sparare recensioni ed opinioni sommarie che sono inutili, se non dannose.
L'equilibrio del valore ancora una volta è in un cerchio non troppo ampio e non troppo stretto.

giovedì 6 agosto 2009

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Quando dicono "c'è altro nella vita" o sono degli incoscienti, o sono degli ipocriti: poiché la radice di ogni cosa umana è nel comandamento genetico del sesso, che è veramente Dio, e nient'altro sussiste senza il motore primo. Quindi, non c'è altro nella vita al di fuori di questo.

lunedì 3 agosto 2009

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...e già ricordo quando dicevi "siamo quei venti che cambiano i deserti". Era una vita fa.