domenica 6 aprile 2014

Fratello

Oggi sono stato esattamente qui, seduto là dietro. Qui dove Pasolini viveva e disegnava, come in questa foto, negli ultimi anni della sua vita, "nel paesaggio più bello del  mondo, dove l'Ariosto sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta innocenza di querce, colli, acque e botri". La casa di Pasolini a Chia viene aperta al pubblico dagli eredi, di tanto in tanto, per concerti ed eventi culturali. Non riesco a pensare a lui se non come a un fratello, e il fatto che sia stato così indissolubilmente legato alla mia terra, e forse anche a causa di questo ramo friulano che mi scorre nelle vene, mi unisce a lui in un qualche rapporto che sento intimo come in nessun'altra figura di intellettuale.

"C'è da salvare la città nella natura. Il risanamento dall'interno. Basta che i fautori del progresso si pongano il problema. Questa regione, che per miracolo si è finora salvata dalla industrializzazione, questo Alto Lazio con questa Viterbo e i villaggi intorno, dovrebbero essere rispettati proprio nel loro rapporto con la natura. Le cose essenziali, nuove, da costruire, non dovrebbero essere messe addosso al vecchio. Basterebbe un minimo di programmazione. Viterbo è ancora in tempo per fare certe cose. [...] Quel che va difeso è tutto il patrimonio nella sua interezza. Tutto, tutto ha un valore: vale un muretto, vale una loggia, vale un tabernacolo, vale un casale agricolo. Ci sono casali stupendi che dovrebbero essere difesi come una chiesa o come un castello. Ma la gente non vuol saperne: hanno perduto il senso della bellezza e dei valori. Tutto è in balìa della speculazione. Ciò di cui abbiamo bisogno è di una svolta culturale, un lento sviluppo di coscienza. Perciò mi sto dando da fare per l'Università della Tuscia".

Questa è una parte dell'intervista rilasciata da Pasolini, sotto la Torre di Chia, al giornalista Gideon Bachmann, e pubblicata a pagina 3 del Messaggero di domenica 22 settembre 1974. Una profezia che calza a pennello contro il tentativo di devastazione, a mezzo cementificazione, della deliziosa e caratteristica Valle dell'Arcionello. 
Fratello, non posso fare altro che rivolgermi a te. Lo faccio così, pubblicamente, senza pudore, perché so che pochi leggono questo blog ora. Quello che chiamano il mio narcisismo sa che, se mi impegnerò, qualcuno tornerà a leggere. Ma ora è come essere in un deserto, pubblico, ma pu sempre deserto. E ti chiedo dove sono finito, perché da tanti anni mi sento come bloccato, impaurito, e non riesco ad attingere a quella voce interiore che, nonostante tutto, si accende al suono della tua, come se il messaggio che hai lasciato avesse percorso ogni singola pietra millenaria della mia terra e fosse arrivato poi a risvegliarmi dai miei torpori. Cedo a cose che sembrano insensate, come se non riuscissi a toccare le midolla di ciò che dovrebbe essere la vita e che ci circonda tutto intorno, in questo paesaggio di bellezza infinita. È da qui, da me, che devo risvegliarmi, recuperare quel messaggio "politico" di cui ti sei fatto vate, portarlo fino in fondo con altri fratelli come te, come il mio amico Humpty. Sentire la poesia. Portare a termine il disco che stiamo facendo insieme, come a sancire la nostra fratellanza, approfondire i nostri discorsi, e tornare a cantare con la mia voce, quella che ho tralasciato per tanti anni, ora che ne ho 30. In questi mesi ed anni di confusione insensata.

Nessun commento: